di Antonella Feligetti
L’interesse per lo studio della scrittura ha origini antichissime, si pensi che già in Cina, diversi secoli prima della nascita di Cristo, si ipotizzava un legame diretto tra grafia e temperamento.
In Occidente, nel IV sec. a.C., fu Aristotele ad essere attratto, per primo, dall’espressività del segno grafico, “rivelazione dell’anima e del discorso”. Egli affermava infatti che “così come nel parlare gli uomini hanno voci diverse, anche nello scrivere non sono tutti uguali”. In epoca romana, un’importante testimonianza ci viene dallo storico e biografo Svetonio, autore dei “Vite dei dodici Cesari”. Analizzando la grafia dell’Imperatore Ottaviano Augusto, di lui così scrive: “Non separa le parole, né le spezza per riportarle a capo. Questa è la scrittura di un uomo la cui mente è governata dal cuore”. Durante il Medioevo, lo studio della personalità effettuato attraverso la scrittura, non fu un’arte riservata esclusivamente a maghi e alchimisti. Anche i monaci, al chiuso dei loro chiostri, praticavano tale disciplina. Tuttavia bisogna attendere il XVII secolo perché venga alla luce il primo testo che tratti esaustivamente l’argomento. Il suo autore fu Camillo Baldi (1547-1634), docente di Logica e Metafisica all’Università di Bologna e autore, nel 1622, di un Trattato dal titolo “Come da una lettera missiva si conoscano la natura e la qualità dello scrittore”.Il principio fondante della nuova disciplina è per lui costituito dall’inimitabilità delle scritture individuali e dalla stretta relazione tra modo di scrivere di un individuo e i suoi particolari psicofisici. Il noto filosofo e storico tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) esprime il suo parere sullo studio della scrittura e palesa il suo convincimento che via sia uno stretto legame tra scrittura e carattere: “la scrittura esprime quasi sempre in uno o in altro modo l’indole nostra, ammeno che non sia opera di un calligrafo”.
Nel 1774 è il teologo svizzero Johann Caspar Lavater (1741-1801), a dedicare un capitolo della sua opera “Physiognomishe Fragmente zur Beforderung der Menschenkenntnis und Menschenliebe” (Frammenti di fisionomia) a osservazioni di tipo grafonomico, concentrandosi in particolare sullo studio dei rapporti tra fisionomia e carattere. Nel 1812 venne pubblicata a Parigi un’opera completamente incentrata sulle relazioni tra scrittura e carattere dal titolo “L’art de juger de l’esprit et du caractère des hommes sur leur écriture”, e attribuita in seguito ad E. Hocquart (1787-1870), in cui lo studio grafonomico viene affrontato, per la prima volta, su basi sperimentali. E’ proprio grazie a questi ultimi due personaggi che prenderà corpo un movimento che condurrà gradualmente la grafologia fuori dal rango dell’empirismo, avviandola sulla strada del rigore scientifico: verranno così presi in esame i singoli aspetti della scrittura e attribuiti ad essi delle costanti. Assistiamo così alla nascita delle varie correnti grafologiche nei vari paesi d’Europa. Si può quindi sin da ora parlare di singole “Scuole” di grafologia e tra le più significative, quella francese, la tedesca, la svizzera, l’inglese e quella italiana con il suo fondatore l’abate Girolamo Moretti.
Spero con questa breve introduzione di avervi incuriosito. Nel prossimo numero entreremo insieme un po’ nel vivo della materia e mi renderò disponibile a rispondere alle vostre domande.
Un caro saluto