di Angelica Sterbini
Tutti siamo stati presi in giro almeno una volta, in modo più o meno pesante; se però si va oltre una certa soglia di scherzo, la storia comincia a prendere una piega diversa: si parla di bullismo. Dovremmo renderci conto di quanto questo fenomeno sia diffuso in Italia e nel mondo e di quanto colpisca in numero maggiore proprio la fascia giovanile e quindi gli adolescenti. Secondo le statistiche in Italia vivono 4 milioni di adolescenti e preadolescenti, e di questi circa un terzo è stato vittima di violenze (psicologiche o fisiche) da parte di coetanei.
Ma il bullismo è davvero così deleterio? Quale scopo si impongono di raggiungere i bulli e, nell’era internet, i cyberbulli? Ebbene sì: il bullismo è un fenomeno riprovevole, poiché il suo scopo è distruttivo: chi compie questi atti vuole isolare la vittima, ridicolizzarla e fargli credere che è una nullità. Molto spesso però proprio il bullo, o cyberbullo, ha delle gravi mancanze affettive; infatti la maggior parte delle volte queste persone vivono delle situazioni difficili nel contesto famigliare, non si sentono amate e di conseguenza tendono a riversare la loro rabbia su una persona più debole, mostrandosi duri e insensibili.
Il modo di attuare il comportamento disfunzionale del bullo varia se quest’ultimo è di sesso maschile o femminile: il ragazzo si concentra su aggressioni dirette e fisiche mentre la ragazza sfrutta la prevaricazione e la violenza psicologica, andando a colpire nel profondo la personalità della vittima. In entrambi i casi le caratteristiche generali del bullismo sono: intenzionalità, ripetizione e squilibrio di potere psico-fisico. Inoltre il bullismo può essere di tre tipi: fisico, verbale e indiretto. Quello fisico comprende violenza fisica, furto e danneggiamento degli oggetti personali della vittima. Il bullismo di tipo verbale implica offese, minacce, prese in giro e soprannomi che denigrano l’individuo preso di mira; infine l’indiretto avviene quando il bullo non vuole rivelare la propria identità e mira all’esclusione sociale della vittima mettendo in giro su di lui false voci. In una scena di bullismo ogni persona presente svolge un ruolo ben specifico: naturalmente vi sono il bullo e la vittima, poi i sostenitori del bullo (dalle statistiche il 20%), gli spettatori passivi (il 24%), e un restante 17% rappresentato dal difensore della vittima.
Andiamo però ora a considerare quali sono le differenze tra il bullismo e il cyberbullismo. Quest’ultimo ha le stesse caratteristiche del bullismo (quindi intenzionalità, ripetizione e squilibrio di potere), ma a differenza del primo avviene in rete, può essere anonimo, si diffonde con rapida velocità, può essere osservato da un pubblico più vasto e ha una certa permanenza nel tempo. Proprio la questione dell’anonimato consente al cyberbullo di allentare la sua inibizione, inducendolo al pensiero che, dal momento che vi sono più spettatori, non è l’unico colpevole. Inoltre, proprio perché l’aggressione si svolge in anonimo, il cyberbullo trova più facile utilizzare parole aggravanti sulla psicologia della vittima, poiché non si ritrova faccia a faccia con il soggetto preso in considerazione.
Come per il bullismo, anche per il cyberbullismo ci sono diverse tipologie: può essere scritto-verbale, visivo, può avvenire per esclusione o per impersonificazione. Il tipo scritto-verbale si serve di offese, insulti tramite chat, e-mail, o chiamate mute. Il secondo tipo avviene tramite la divulgazione in rete di foto, video o messaggi della vittima che sono compromettenti e riguardano situazioni intime. La terza tipologia vede escludere la vittima da gruppi in chat e l’impersonificazione si pone invece l’obbiettivo di appropriazione da parte del bullo di informazioni personali della vittima, come ad esempio password di accesso, dati dell’account, dati sensibili.
Ciò che mi sento di comunicare a tutti è che bisogna sempre denunciare questi fenomeni distruttivi e se si è vittima bisogna sempre parlarne e non vergognarsene, perché molto spesso l’errore che si fa è proprio quello di restare in silenzio.