di Francesco Rozzo
Dalle strade ai musei, gli attivisti green, in nome della sostenibilità, diffondono una pericolosa propaganda ambientalista. La problematica legata ai cambiamenti climatici genera, da anni, grande dibattito e discussione nell’opinione pubblica. Sono conosciuti come gli “attivisti di ultima generazione” coloro che protestano nelle piazze, bloccano il passaggio dei veicoli nelle autostrade, che imbrattano quadri illustri nei musei. Tutte azioni, in alcuni casi estreme, compiute in nome della sostenibilità e dell’ambientalismo. Certo è, senza dubbio, paradossale parlare di tutela del verde pubblico nelle manifestazioni e vedere, al termine di esse, le piazze colme di sporcizia. É folle parlare di rispetto e solidarietà, bloccando una principale arteria di circolazione come il grande raccordo anulare, impedendo alle persone di andare a lavorare e, in alcuni casi, di curarsi. É da incivili sfregiare, tanto per fare un esempio, opere prestigiose come “I girasoli” di Van Gogh, con succo di pomodoro, tra l’altro non curandosi del forte impatto che questo gesto può avere nell’immagine collettiva relativamente allo spreco alimentare e perché si ignora il patrimonio artistico e proprio gli insegnamenti che esso ci ha tramandato negli anni, anche in ottica ambientalista. Di fronte a questo scenario la politica appare inerme, utilizzando slogan elettoralistici e cercando così di affiggersi questo tema come bandierina ideologica e partitica. Ogni volta che nel nostro paese si verifica una catastrofe ambientale, pensiamo a Venezia e si invoca, demagogicamente, il pericolo dei cambiamenti climatici nascondendo, però, sotto un velo di fitta ipocrisia le inadempienze legate alla mancata manutenzione del territorio. Una questione così seria non può essere di parte ma deve necessariamente interessare tutti, cittadini compresi. Bisogna avere il coraggio di compiere, realmente, azioni concrete investendo nelle rinnovabili ricordando alle persone, però, che la neutralità climatica non si raggiunge in breve tempo. Le fonti green, oggi, ricoprono il 3-4% del fabbisogno energetico e sono una risposta chiaramente insufficiente alla nostra domanda. Serve, per queste ragioni, un intervento unitario e univoco che si attui con serietà e ragionevolezza senza impedimenti ed estremismi.