di Anna Belli
“Manuale Cencelli”, si sente spesso dire quando si parla di ripartire le posizioni di potere tra le varie forze politiche.
Quel che forse alcuni non sanno è che davvero esistono 8 fogli dattiloscritti, redatti dal signor Cencelli, o meglio Massimiliano Cencelli, funzionario della Democrazia Cristiana (DC).
Nel 1967, come Cencelli ha raccontato, arrivò il momento di decidere chi nominare nel direttivo della DC. Cencelli, per analogia con quanto avveniva nei consigli d’amministrazione delle società, dove gli incarichi rispecchiano la proporzione della forza degli azionisti, propose di affidare gli incarichi di partito e di governo tenendo conto della proporzione del numero dei tesserati di ogni singolo partito.
Il metodo prese piede. Per gli incarichi politici, il criterio era quello della quota di votanti ottenuta alle elezioni. Chi aveva ottenuto, per esempio, il 20% aveva diritto al 20% degli incarichi politici e, poi, delle posizioni di potere nelle grandi aziende e in RAI.
Per valutare correttamente il metodo Cencelli, bisogna considerare il contesto, quello dell’affluenza alle urne. Alle politiche, nel 1967 votava ancora oltre il 92%. Nel 1987, per la prima volta l’affluenza fu sotto il 90% e da allora in poi è scesa continuamente, fino al 63,9% del 2022.
Se a votare è oltre il 90% degli elettori, il “manuale Cencelli”, tanto vituperato e ridicolizzato, ha un suo senso. Le posizioni di potere occupate rispecchiano le percentuali del favore goduto dai singoli partiti tra la cittadinanza.
Quando a votare è meno dei 2/3 del totale, le cose cambiano. La rappresentanza, la forza rappresentativa dei singoli partiti è molto più debole. Infatti adesso si è passati dal “manuale Cencelli” al sistema “Asso pigliatutto”: chi vince le elezioni, sia pure con una forza rappresentativa molto più debole di quella che avevano una volta persino i partiti minori, si sbriga a occupare tutte le poltrone più interessanti, anche litigando con gli alleati di coalizione.
Dobbiamo rimpiangere il manuale Cencelli? Rimpiangere non serve a niente. Quella che bisognerebbe recuperare è l’affluenza alle urne sopra o intorno al 90%. Perché la politica può rimanere nelle mani del popolo solo se il popolo va a votare in massa.