di Marco Moretti
Sommelier Ais

Non sarà sfuggita ai più che in questi giorni, sui canali Rai, è in programmazione la serie televisiva i “Leoni di Sicilia” nella quale si racconta la vita di Vincenzo Florio.
I Florio, famiglia molto facoltosa grazie ai fiorenti commerci in vari settori (spezie, tonno sott’olio, sigari e altro), legarono il loro nome in particolar modo alla produzione e commercio del vino Marsala.
In realtà a render famoso questo nobile vino, sessanta anni prima, furono gli inglesi con un armatore di Liverpool. John Woodhouse infatti fu colui che da subito intuì il potenziale di questo nettare siciliano, cominciando immediatamente a trasportarlo per mare in Inghilterra. Per fare questo operazione Woodhouse decise di aggiungere un po’ di whisky al marsala, in tal modo lo rese più resistente al lungo viaggio.
Gli inglesi amavano questo vino, l’operazione di Woodhouse fu un successo tant’è che lo stesso imprenditore decise di non limitarsi al commercio e passò a produrlo impiantando un proprio baglio facendo venire dall’Inghilterra delle botti di quercia bianca.
Il Marsala è un vino liquoroso prodotto da uve bianche provenienti da vitigni come Grillo, Catarratto, Damaschino e Inzolia per le tipologie Ambra e Oro.
In base al residuo zuccherino, viene catalogato come secco (<40 g/l), semisecco (40-100 g/l) e dolce (>100 g/l). Ha un invecchiamento che va da 1 a 10 anni e per questo definito nei modi: Fine; Superiore; Superiore Riserva; Vergine Stravecchio e Vergine Riserva.
È un vino conciato, ossia al vino-base può essere addizionato del mosto cotto, alcol etilico di origine vitivinicola (sotto il controllo della GdF), acquavite ed eventualmente mistella a seconda la tipologia stessa del Marsala. Ad esempio nella produzione del Marsala Vergine, ottenuto da uve a bacca bianca, non si possono aggiungere né mistella e né mosto concentrato o cotto. Mentre nella produzione del Marsala Ambra il mosto cotto è aggiunto in proporzione del 2,5-4%, nel Fine e nel Superiore vengono addizionati esclusivamente mistella e mosto concentrato.
Il vino è quindi posto in botti da 300/400 lt., con preferenza per il legno di rovere o ciliegio, riempite non totalmente ma circa per 2/3, questo per favorire i vari processi ossidativi che conferiranno al prodotto finale il suo peculiare colore, profumo e sapore.
Il Marsala Vergine è ottenuto da un procedimento particolare chiamato Metodo Soleras (utilizzato anche per lo Sherry). Questo sistema consiste nel disporre le botti ponendole una sopra l’altra su più file, componendo quindi una forma piramidale, prevedendo che il vino pronto sia prelevato dalle botti poste al livello del pavimento, rimpiazzato via via da quello contenuto nelle botti sovrastanti.
Questo vino, a seconda la tipologia scelta, è molto duttile si presta ossia a svariati abbinamenti. Ad esempio un Marsala Vergine e Superiore Secco, bevuti molto freschi, possono essere serviti con noccioline e stuzzichini vari, ma si abbinano molto bene anche ad alcuni piatti di pesce e crostacei, mentre il Superiore può accompagnarsi con formaggi erborinati. Il Marsala Dolce si può abbinare tranquillamente con dessert.
Concludo, consigliandovi, qualora vi trovaste dalle parti di Marsala (Tp) una bella visita alle Cantine Florio e/o Pellegrino per scoprire da vicino la storia del vino Marsala.

Vino consigliato:
BIP BENJAMIN
MARSALA SUP. RISERVA ORO DOLCE
Cantine Pellegrino

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