di Michele Concilio
Tra i cultori della Storia Locale, nel meticoloso e paziente lavoro di ricerca, esiste un tacito patto di collaborazione che fa sì che venga alla luce e quindi divulgato un numero maggiore di notizie, dati, opere letterarie, etc.
La poesia “CIAMPINO” di Cittadino Moscucci rappresenta la riprova di tale affermazione.
Riordinando alcune carte del mio archivio ho ritrovato un biglietto scritto dall’amico Ugo Onorati, al quale colgo ora l’occasione per porgere le mie scuse avendo “seppellito” per troppo tempo la sua missiva, il cui testo riporto integralmente: “Nel 1982 trovai questa poesia su Ciampino mentre sfogliavo la rivista ‘Rugantino’, alla ricerca di poesie di Ciprelli. Ho pensato che potesse esserti utile, perciò l’ho trascritta e annotata. Dalle quartine di Moscucci (un minore di questa prima metà di secolo) appare chiaro quanto Ciampino fosse avvertita dai romaneschi parte integrante dei Castelli Romani”.
E’ un piacere, credo, poter rileggere ora i versi del Moscucci (1886 – 1973) che Ugo Onorati ha ritrovato nella Rivista Rugantino, anno XLIII, n. 4901 (martedì 24 gennaio 1928), p. 1 e che con grande cortesia ce ne ha fatto dono.
Questo poeta, come correttamente fa notare Onorati, non rientra nella schiera dei più illustri poeti romaneschi. Se si cercano sue notizie nel Web, ben poco ne viene fuori.
E tuttavia è doveroso essere riconoscenti al Moscucci perché con la sua poesia, dedicata alla nostra città, segnala alcuni punti che vale la pena sottolineare.
Condivido innanzitutto l’impressione dell’amico Ugo Onorati riguardo la collocazione di Ciampino nell’alveo dei Castelli Romani: Ciampino non è mai stata una periferia di Roma, semmai un ponte fra questa ed i Castelli.
Altri tre punti i versi romaneschi mi spingono ad evidenziare.
Cita il grande hangar: una imponente struttura aeronautica che ci richiama l’epopea dei dirigibili di Umberto Nobile, con le sue spedizioni al Polo Nord del 1926 e 1928. Epopea che ha portato il nome della nostra città in giro per il mondo intero.
Viene colpito dalle ‘palazzine ciovettuole’, evidente richiamo ai graziosi villini costruiti per dar vita alla nascente Città Giardino.
E, terzo elemento, l’osservazione del patrimonio storico-culturale lasciatoci in eredità dalla Roma Imperiale.
Circa quest’ultimo punto, viene subito in evidenza in particolare la realtà della via consolare Appia, di recente riconosciuta quale patrimonio mondiale dell’Umanità da parte dell’UNESCO.
Insomma, il Moscucci, un secolo fa, ammirando queste bellezze archeologiche, con la sua poesia pare invitarci ad avere una maggiore consapevolezza della ricchezza del nostro territorio.
In virtù di ciò tutti noi dovremmo sentirci chiamati ad una maggiore attenzione tesa alla salvaguardia di questo bene comune. L’iniziativa settembrina dell’Appia Day è sicuramente un passo positivo in tal senso, comunque da solo, facile comprenderlo, non può essere sufficiente e va accompagnato da un costante impegno da parte di tutti, istituzioni, associazioni, semplici cittadini.
CIAMPINO
Tramezzo a la campagna sconfinata
tra ‘na groria de sole e de verdura,
tramezzo a l’aria dorce e imbarzimata,
Ciampino t’arillegra la Natura.
E vedi palazzine ciovettole,
l’Angàre se presenta maestoso,
e in mezzo a li giardini e tra l’ajole,
congegni der progresso più radioso.
Attorno pe’ li campi cortivati
ce so’ li segni d’un’età passata,
so’ tempii e tombe d’esseri rinati,
insieme a ‘na grannezza immortalata.
E l’Appia Nova porverosa e bianca,
te stricia la campagna solitaria,
dove la mente gode e ce se svaria,
dove riposa l’anima più stanca.
Se vede l’arberata pittoresca,
er treno sorte da la galleria,
er funtanile butta l’acqua fresca,
e ‘gni Castello invita a l’allegria.
Se vede ‘gni tantino passà lento
er carettiere a vino pacioccone,
che come sempre te sparpaja ar vento
quarche stornello pieno de passione.
E pe’ li Colli Arbani de rimpetto
tu vedi tutto quanto cortivato,
e allora pensi subbito ar goccetto
che manco nasce, che viè … battezzato.
E tutta ‘sta bellezza arisprennente
più tu la guardi e più la guarderessi,
e lì t’inarzi e voli come gnente
tra er sole, tra la luce e li rifressi.
E piano piano, agile, leggero,
come si s’avverasse l’impossibile,
smovenno l’entusiasmo più sincero,
s’inarza maestoso er dirigibile.
Cittadino Moscucci