di Lina Furfaro
Il primo libro di Elsa Morante (Roma1912 -1985) che ho letto è “La Storia”. Da subito m’interessò: Ida, la maestra calabrese, violentata in tempo di guerra, deve conciliare lavoro e figli, con sacrificio; Useppe rappresenta una popolazione infantile, umile e sognante, subisce la storia e guarda in alto verso il fratello Ninuzzu, giovane e ribelle che si affaccia alla vita, tutto tra avversità e fame d’affetto; neorealismo, personaggi concepiti attraverso dialoghi, calati in una trama di fatti drammatici intessuti di vita e di morte.
Una vita ricca di esperienze emotive molto marcate quelle di E. M.: il padre in casa era colui che le aveva dato il nome e morbose attenzioni. Il padre naturale, invece, F. Lo Monaco “lo zio” rallegrava la casa con il suo arrivo e i giochi; morto suicida, era un amico di famiglia che ha accettato di generare i figli di Augusto Morante. La madre di Elsa, sua maestra, la stimola e lei scriverà racconti e versi già nell’infanzia. Presto va a vivere da sola ma il mondo che lascia la seguirà ovunque sotto forma di ricordi, sogni, sentimenti, fantasie che elaborerà e trasferirà negli scritti. L’amore affronta metamorfosi, è sempre bramato. Il nipote Daniele Morante ha chiamato la zia “L’amata”. Grazie a lui e a C. Cecchi è stata aperta “La stanza di Elsa” nella Biblioteca Nazionale di Roma, visitata anni fa. E. M., attenta verso gli emarginati, rappresenta il loro mondo; ha citato la Calabria senza conoscerla; Pasolini invece c’era stato, con lui avevano comprato casa sul litorale, a Sabaudia e tutte le sere cenavano assieme, anche con il marito A. Moravia. Erano molto amici i due Autori, il loro stile s’incontrava nella sensibilità comune per lo strato più basso e disagiato e chissà… forse qualche volta, come argomento dei loro discorsi, ci sarà stata la Calabria.
Diario 1938, postumo, è velato, onirico, a ricercare verità incomprensibili. “Menzogna e sortilegio”, rivela legami, amori e umiliazioni. “L’isola di Arturo”, romanzo di formazione, divorato, fa emergere un aspetto filiale particolare; il giovane orfano di madre non ha mai visto una donna; il padre-idolo accresce l’immaginazione nel silenzio assordante tra i colori della meravigliosa isola: la distanza con l’adulto che non ripaga, incalza, è una narrazione intrigante che scava nell’intimo adolescenziale, rendendoci partecipi delle immagini di Procida, dove si svolge tutta la storia tra spiagge e faraglioni. Qua Arturo è fermo, viaggia con la fantasia, non ha confronti, è vittima di orgoglio e solitudine, senza capacità di analisi, non riconosce i propri sentimenti; è inadeguato di fronte alle emozioni che lo travolgono. Confonde l’affetto materno, mai ricevuto: quando bacia Nunziata lo fa con trasporto, ne è innamorato. Al culmine dell’intensa vita emotiva c’è la svolta delle varie fasi raccontate con il senno del poi, in prima persona: il rapporto con il genitore peregrino, i sogni dei viaggi, la gelosia verso il padre che si sposa, l’amore non corrisposto della matrigna coetanea, e un susseguirsi ripetuto e deludente di rapporti con le poche persone che lo circondano, la scoperta dell’omosessualità paterna. Ciò lo porta a lasciare l’isola, il suo mondo.
Di E. M. hanno parlato molti; ricordo qui due scrittrici, conosciute a Ciampino direttamente e lette: Rossana Dedola che ha scritto “L’incantatrice”, e Gabriella Sica che ha incontrato E. M. e ha poi collaborato al Premio “Procida-Isola di Arturo-Elsa Morante”, nato per onorare l’Autrice che proprio ambientando il suo romanzo a Procida ha vinto il Premio Strega 1957: E. M: è stata la prima donna a riceverlo. La maternità è il tema che torna in Aracoeli, postumo, 1987; a quell’epoca E. M. per me era sconosciuta: scrivevo versi, leggevo “La noia”, Seneca, Platone, “Se questo è un Uomo”, di P. Levi e “Io, l’infame” di Patrizio Peci, perché dovevo capire in che mondo ero capitata!
Ma questa è tutta un’altra storia.
In una pagina c’è tutta la toccante e penetrante descrizione della personalità di E.M….
Io non leggerò di Te, non solo perché non ci sarò ma perché già sò!🤷♂️