di Nicoletta Cutillo
Passeggiando per le strade di Roma e gettando un’occhiata alle bancarelle di souvenir affollate di turisti non manchiamo di vedere foto, più o meno belle, della Città Eterna ed in molte di esse sono ritratti gatti dalle pose sornione, che, spaparanzati in mezzo alle storiche rovine, sembrano scrutare i turisti magari chiedendosi quando verranno lasciati finalmente in pace a godersi il silenzio e la pace degli antichi monumenti.
Tra le aree storiche più famose di Roma, dal punto di vista gattofilo, c’è senza dubbio l’Area Sacra di Torre Argentina dove, quando furono riportati alla luce i ruderi, ci fu un insediamento dei primi gatti randagi che, sapendo di essere sacri fin dai tempi dell’antico Egitto scelsero quel luogo non a caso e lo preferirono senza dubbio anche perché gli scavi risultavano più sicuri rispetto alle strade. Molti gatti venivano però anche abbandonati di proposito dai loro proprietari, consapevoli che le “gattare” li avrebbero accuditi. Lì con il passare del tempo si sono avvicendate “gattare” di tutte le età ed estrazione sociale perché l’amore per i gatti è assolutamente trasversale. Tra queste è inevitabile ricordare colei che spesso è stata chiamata “la mamma di tutte le gattare”: Nannarella, cioè l’indimenticabile Anna Magnani, stella del neorealismo cinematografico.
Abitava nei pressi di Torre Argentina e spesso portava personalmente il cibo ai gatti della colonia. Il figlio Luca racconta in una intervista che la mamma, con alcune amiche, faceva “il giro dei sette gatti” riprendendo l’espressione di fare il giro delle sette chiese, andava cioè in giro per le colonie feline della Capitale a prendersi cura dei gatti randagi e abbandonati.
Una volta con un foulard che le copriva la testa, se ne andava in giro per Roma con un cesto pieno di cibo per gatti. Un signore, che evidentemente non amava i gatti, la apostrofò in maniera molto maleducata. Lei si fermò, si tolse il foulard e lo fulminò con gli occhi: il tipo rimase impietrito nello scoprire che la gattara in questione era proprio la grande Anna Magnani.
La grande attrice anche in casa viveva circondata dai gatti e una volta disse: “Io e la gente ci capiamo pochino, alle feste preferisco la solitudine, per riempirmi la serata bastano due gatti che giocano sul tappeto”.
Per rimanere nel mondo del teatro e di Torre Argentina, furono molti gli attori innamorati dei suoi gatti e, tra gli altri, Antonio Crast, interprete di opere shakespeariane, il quale riuscì ad ottenere le chiavi di un sotterraneo adiacente alle rovine che utilizzò come riparo per i gatti. Fece anche costruire un recinto appositamente per i gattini che nascevano o venivano abbandonati in primavera.
Negli ultimi anni della sua vita espresse spesso il desiderio di poter morire tra le sue adorate bestiole ed il destino lo accontentò in quanto morì proprio mentre le accudiva, colto da un malore che gli fu fatale.
Ed ora magari guarda da lassù la sua amata colonia, accanto a Shakespeare, circondato da gatti immortali.