di Pino Tedeschi
Siamo quattro amici al bar, “ci manca Ciccio”. – Proprio l’altro giorno parlavamo di cose facete per distrarci dalle vicende che sono sotto i nostri occhi: l’assenza di ideali, l’incertezza sui valori morali, il vuoto lasciato dalla scomparsa dei punti di riferimento, e diciamolo: c’è molto egoismo in giro nonostante le guerre, le pestilenze e la fame nel mondo. E ciò può creare sconforto. Ritornando al nostro piccolo mondo, anche la nostra città mostra i suoi problemi: i rumori dell’aeroporto, gli autodemolitori di Roma (che non vogliamo ai piedi di Ciampino), strade ammalorate e così via. Ma, lagnarsi solamente non va bene; sulle azioni positive dell’Amministrazione, si parlerà un’altra volta. In riferimento ai discorsi da bar, quasi mai si raggiungono vette di creatività espressive e linguistiche di cui, però, sarebbe disponibile e capace uno dei nostri (over 70) teramano di origine.
Ma in tutto questo – vi chiederete – che ci azzecca la cipolla? – Lo vedremo di seguito, perché prima voglio fare qualche altra considerazione intorno al tema.
- Notavo che, finora, su questo giornale nessuno di noi aveva parlato di cucina o pubblicato qualche ricetta originale o rivisitata. A dire il vero c’è una grossa inflazione di programmi televisivi che grondano cibo durante tutto il giorno, su tutti i canali. Ormai si assiste ad ogni tipo di preparazione di pietanze (secondo l’accezione più moderna, non monacale) tanto decorate che, una volta presentate nel piatto e fermate nell’immagine, sembrano delle nature morte variamente composte. Infatti, da qualche tempo il cibo nella sua preparazione, sia in Tivù che sui giornali, viene presentata come un’arte rappresentativa (chiedo venia all’artista del gruppo), grazie ad un linguaggio nuovo e ricercato assai in linea con la narrazione che ritroviamo in certa politica interessata al sostentamento. Insomma, siamo bombardati da messaggi pubblicitari e consigli che lo riguardano.
- Il segreto della cipolla, lo sostenevano due grandi esperti del settore: l’allora cuoco dell’Ambasciata italiana in Giappone che conobbi nella terra della maga Circe ai primi degli anni 90 e, vent’anni dopo, il signor Giorgio: uno chef stellato nato a Tropea (in una casa immersa in un campo di cipolle?). – Ebbene, entrambi mi dicevano così: “la cipolla devi stufarla nella casseruola col coperchio ben aderente, con poco olio evo e un poco di vino bianco, a fuoco basso, per poi frullare il tutto per “creare” una crema da aggiungere quando cucini; per esempio, nella preparazione di un risotto, ad uno spaghetto all’amatriciana, perfino – esagero – nella carbonara. E funziona anche per le altre preparazioni che fai: il brasato, uno spezzatino, il baccalà… Insomma, la cipolla devi aggiungerla ma senza dirlo ai commensali né farti accorgere da essi. Migliorerà ogni tipo di preparazione”.
Quei due, sono convinto, se avessero fatto i gelatai anziché i cuochi, la cipolla l’avrebbero messa anche nel gelato di cioccolato.
III. Anche i vecchi contadini, che la sanno lunga e la cipolla la mangiavano cruda, dicevano che è un toccasana per gli acidi urici, per chi fa un eccessivo consumo di carni, insaccati e formaggi; inoltre purifica il sangue, è contro la gotta ecc. ecc. Ma, veramente, e non lo dico solo io, qualche problema la cipolla lo provoca: è contaminatrice degli ambienti, e puzza l’alito di chi la mangia. Quando si parla con qualcuno bisogna farlo a distanza o rimanere quasi con la bocca chiusa, anche se si corre il rischio che quel che si dice non si capisce.
Ma, ritornando ai ricordi legati alla saporosità e alle nuvole di fumo aromatico, ovverosia alla cipolla. – Immagino che il riferimento alla carbonara, sic, con l’aggiunta della crema di cipolla agli spaghetti, abbia suscitato un certo disappunto, una smorfia, o quantomeno perplessità da parte del lettore. Capisco, però, potrebbe venir voglia di osare, infatti: “curiosi se non strani risvolti si porta la moda, e in cucina si vedono e si leggono cose da pazzi”. Ma qui, cari lettori, per ragioni di spazio non si descrivono tutti i passaggi della preparazione, anche perché do per scontato che conosciate la ricetta classica. Vi basta sapere che l’intingolo preparato con la cipolla (Accertarsi che non vi siano convitati allergici a questo bulbo) va versato nella coppa di servizio unitamente ai tuorli d’uovo (possibilmente di galline felici), precedentemente sbattuti bene insieme al formaggio. Nella coppa, poi, bisognerà aggiungere gli spaghetti cotti al dente ed infine il guanciale precedentemente sfrigolato o soffritto, amalgamando il tutto. La preparazione, se ben eseguita, potrebbe suscitare in voi nuove armoniose sensazioni.
P.S La direzione di “Tempi nuovi”, a tale riguardo, potrebbe organizzare un simposio… ops, pardon, un banchetto, volevo dire, per chi volesse approfondire la nota gastronomica, giusto riferimento alla cipolla da utilizzare nelle pietanze. Per la data e il luogo pensavo al “quartiere Cipollaro”.